intervista a christoph fringeli (praxis records)
gennaio 16, 2013 | Posted in news, testi | By admin
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questa è una vecchia (ma sempre attuale) intervista a christoph fringeli, creatore di praxis records, sub/version, datacide e molte altre cose. l’intervista è stata fatta da siobhan m. (homewrecker foundation), pubblicata sul primo sito di praxis alla fine degli anni 90, poi forse scomparsa dalla rete. ne avevo salvata una copia e l’ho tradotta in italiano, fortunatamente è sopravvissuta a molteplici formattazioni e hard disk distrutti, torna giusto in occasione del ventennale dell’etichetta.
eccola qui:
praxis records non è la solita etichetta. praxis e la sua etichetta sorella sub/version significano una nuova idea intellettuale della musica elettronica: i dischi non hanno mai una formula definitiva… ci sono sempre idee che possono essere discusse… un’intervista essenziale con il fondatore dell’etichetta christoph fringeli all’opera dal 1992 nell’elettronica underground di tutto il mondo.
– QUANDO È NATA PRAXIS RECORDS?
nel 1992, verso la fine dell’anno, dopo che mi sono trasferito a londra. volevo dare vita ad una nuova etichetta.
– PERCHÉ HAI VOLUTO INIZIARE CON UNA TUA ETICHETTA?
avevo già prodotto dei dischi prima, di genere più sperimentale punk/industrial, quando vivevo in svizzera, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta. quando mi sono trasferito ho voluto ricominciare, anche in termini di contenuti musicali. ora praxis ha moltissimi titoli all’attivo.
– COME COINVOLGI LA GENTE NELL’ATTIVITÀ?
in genere si tratta di gente che conosco di persona, amici della scena londinese o di altre città, oppure persone di cui apprezzo veramente la musica e che voglio conoscere. praxis non opera come un’etichetta a cui tu spedisci la tua demotape per poter avere un contratto. non faccio mai contratti. è tutto basato sulla fiducia.
– C’È UN’ATMOSFERA COLLABORATIVA NELL’ETICHETTA?
ovviamente sì ed è andata avanti per un bel po’ nonostante nel frattempo si siano visti molti cambiamenti nella scena. all’inizio, nel ‘92, l’intera scena techno era completamente diversa da quella che si può vedere adesso. sembra che continui a cambiare ma recentemente si è visto un buono spirito di cooperazione tra diverse etichette che si sono associate insieme aiutandosi tra di loro nella distribuzione del materiale e suonando con i vari dj durante i party. lo stesso vale per altre etichette in francia ed alcune in germania con cui siamo in contatto e scambiamo dischi.
– C’È UNA SORTA DI CONCETTO O IDEOLOGIA DIETRO A PRAXIS? SEMBRA CHE LA COSA SIA ABBASTANZA POLITICA E MI CHIEDEVO COSA PENSASSI SULLE INTERSEZIONI TRA MUSICA E POLITICA.
penso che ogni prodotto culturale abbia una funzione nel contesto di cui è parte, negarlo sarebbe una pazzia. ovviamente la gente prova a pensare che quello che sta facendo è completamente astratto e non ha implicazioni politiche, ma io penso che la cosa in sé abbia comunque delle implicazioni politiche. in ciò puoi trovare diversi approcci: io vedo praxis come un’etichetta sperimentale ma oltre al mio ci sono diversi punti di vista. generalmente ciò che mi interessa è oltrepassare i confini, sfidare ogni certezza. e nel contesto ciò si articola su diversi livelli. per esempio la distribuzione: come si organizza la produzione e distribuzione di musica? è importante il fatto che noi produciamo i nostri dischi da soli e li distribuiamo da soli, su vasta scala, sperando di creare una rete di persone con mentalità simile che si aiutino a vicenda. tutto questo ha un ulteriore significato nei generi di feste dove la nostra musica viene suonata. è anche importante per me produrre su vinile a 12 pollici in modo da non limitare necessariamente il disco come prodotto finito o in generale come prodotto per la logica del consumo. penso che questi debbano essere usati come attrezzi dai dj che possono mixarli insieme per creare qualcosa di nuovo. il contesto più adatto per questo è solitamente il free-party, teknival o squat-party, quindi troviamo ancora implicazioni politiche dirette o indirette, oppure possiamo chiamarle implicazioni psicosociali: non so se “politica” sia il termine corretto. sono eventi che accadono fuori dalla normale industria culturale del consumo e del commercio, sfidando così i meccanismi e le strutture gerarchiche della cultura di massa.
– POTRESTI SPIEGARE COS’È IL TEKNIVAL? PENSO CHE NON TUTTI CONOSCANO LA SUA STORIA.
i teknival (parola ottenuta unendo “tekno” e “festival”) non hanno una lunga storia, sono iniziati intorno al 1992/93. sostanzialmente si sono lentamente sviluppati all’interno dei festival che si tenevano in inghilterra nei primi anni 90, dove la gente arrivava insieme con la loro attrezzatura, grossi amplificatori e casse, in mezzo a hippies e travellers, suonando techno hardcore; parlo del periodo tra il 1990 e il 1992, cioè del periodo successivo all’acid house e ai grossi party nei magazzini: questi avevano fornito l’idea che poi si è evoluta nelle zone di campagna dove questi festival avevano luogo. ed in seguito la scena si è allargata a macchia d’olio soprattutto grazie ad un festival particolarmente grande tenutosi a castlemorton nel 1992, con il conseguente arresto di alcuni degli spiral tribe che vennero processati per gravi reati. alla fine vennero assolti tutti, ma le leggi cambiarono con il nuovo criminal justice bill nel 1994 che infrange la libertà dei civili. in poco tempo è diventato praticamente impossibile fare questo genere di cose in inghilterra. per un sacco di gente è diventato uno stile di vita fare party nelle fabbriche o nella campagna durante l’estate. alcuni sound systems si sono mossi verso l’europa, in francia, dove il teknival è effettivamente nato intorno al 1993 ed ha sicuramente influenzato molto la scena della techno hardcore francese che stava proprio iniziando a muoversi. la storia della dance music in francia è completamente diversa da quella inglese. tutto questo è continuato fino ad oggi nonostante ci sia stata una certa repressione. in conclusione: i teknival sono free festivals che si tengono in campagna coinvolgendo dai tre ai venti diversi sound systems che occupano una grande area suonando ventiquattro ore al giorno per un periodo che va dai tre giorni alle due settimane. [risate]
– A PROPOSITO DI PARTY E MATERIALE LIVE, CHE COSA STAI COMBINANDO CON PRAXIS? COSA SUONATE E DOVE SUONATE?
io suono molto e lo stesso fanno molti altri djs che sono coinvolti con un gruppo di etichette, praxis, ambush, audio illusion ed alcune altre, principalmente nei free party londinesi. personalmente suono in diverse città ma il luogo normale per questo genere di cose attualmente sono i party che si tengono ogni fine settimana nelle fabbriche occupate a londra. non tutti propongono il nostro genere di musica. la maggior parte dei sound systems di londra ha un suono acid trance commerciale e noioso come cacca, poi c’è qualcuno che fa le cose nel modo giusto, sia per quanto riguarda la musica, sia per la cultura che la circonda.
– SUONI DAL VIVO, COME DJ O ENTRAMBI?
al momento non sto suonando dal vivo. l’ho fatto con differenti progetti nel passato e probabilmente lo farò ancora in futuro, ma negli ultimi anni ho solo mixato dischi o altri supporti sonori. adesso sto lavorando su un computer ma non me la sento di metterlo su un palco per premere “play” e qualche altro bottone ogni tanto. se dovessi suonare ancora live lo vorrei fare con un sistema diverso, con più moduli, in modo da poter avere più influenza sugli elementi che costituiscono il suono.
– CHE COSA ERANO I PARTY “DEAD BY DAWN” CHE AVETE ORGANIZZATO?
“dead by dawn” era una serie di party che si sono svolti nell’arco di due anni, ne abbiamo fatti 23 mi pare, uno al mese, in un piccolo squat anarchico di brixton, nella zona sud di londra. durante quel periodo erano party importanti come punti d’incontro per chi era nella scena perché il posto era veramente piccolo e noi non abbiamo mai potuto fare molta propaganda con i flyers, la notizia passava di bocca in bocca grazie alla promozione del nostro network. così tutti quelli che venivano iniziarono a conoscersi abbastanza bene ed il posto è diventato importante per interagire e scambiare idee. il modo in cui era dislocato era ideale per questo perché c’era una saletta dove si poteva suonare musica pesante tutta la notte ma c’era anche un piano terra dove la musica si sentiva abbastanza bene e ci si poteva sedere per parlare. c’era anche un reparto per i dischi e le riviste e poi c’era un bar dove ascoltavamo noise, sound-collage e industrial, anche qui ad un volume abbastanza alto ma per sedersi ed ascoltare, non per ballare e saltare.
– SEMBRA MAGNIFICO! PERCHÉ VI SIETE FERMATI?
l’abbiamo fatto per un lungo periodo e ci ha portato via un sacco di… in particolare delle mie energie, perché dovevo mettercene moltissime… ad un certo punto, dopo quindici o sedici party ho semplicemente suggerito di limitare il numero mentre le cose stavano andando molto bene e di non aspettare fino ad aver superato l’apice per vedere la discesa, come penso che accada in tutte le cose. penso di poter dire che gli ultimi party sono diventati sempre più pazzi e sempre più belli, probabilmente perché avevamo annunciato la fine imminente, dando il via ad una specie di conto alla rovescia:”…adesso mancano cinque party…” e così via. la gente veniva ed apprezzava veramente quello che c’era perché non era uguale a quello che succedeva dalle altre parti. non erano esattamente free-party, erano più programmati e controllati. abbiamo fatto anche delle discussioni prima che la musica iniziasse, tra le nove e le undici, abbiamo invitato persone di vari gruppi politici, culturali e letterari per parlare e presentare il proprio lavoro perché un certo genere di discussione metteva il tutto in un contesto culturale. eravamo interessati a fare incrociare entrambe le cose, non solo a creare un party per ballare. lo concepivamo come un bacino sperimentale per idee ed attività. sicuramente non è stata l’unica determinante che ha spinto le cose nella direzione che hanno adesso ma penso che sia stata abbastanza cruciale per unire delle persone che stanno facendo ancora molti lavori insieme.
– SEMBRA CHE PRAXIS ABBIA UN’IMMAGINE NON PROPRIO DI TERRORISMO, MA UN’IMMAGINE DI RESISTENZA O SOVVERSIONE E MOLTE ETICHETTE LODANO LA “RIVOLUZIONE”. MI CHIEDO IN COSA CONSISTA LA TUA IDEA DI “RIVOLUZIONE”.
voglio inquadrare quello che stiamo facendo in un contesto di resistenza contro la cultura del controllo mentale a cui siamo esposti, dove tutto è controllato dai soldi e non dalla creatività. questo è solo un aspetto: diverse persone che hanno lavorato con praxis potrebbero avere delle idee diverse ed io comunque le rispetterei. direi che la parola “rivoluzione” è stata sfruttata in così tanti slogan diventando una parola difficile da interpretare. ma il suo significato originale, un cambio fondamentale nella struttura culturale e politica di un dato sistema, penso che sia un obiettivo verso cui valga la pena proseguire. penso che ci sia troppo controllo operato da parte delle multinazionali e da chi gestisce grossi giri di denaro. ci sono troppe cose basate su un sistema neo-colonialista dove l’ovest sta semplicemente sfruttando il resto del mondo. penso che, ad ogni modo, questa sia una bomba ad orologeria.
– COME SI È EVOLUTA MUSICALMENTE PRAXIS DURANTE GLI ANNI?
il concetto è sempre lo stesso, ma il modo in cui viene formulato cambia in continuazione e cambierà continuamente nel futuro. all’inizio ero interessato ad alcuni aspetti della nuova dance music. per esempio, l’attenzione non era focalizzata solo sul performer o su chi stava suonando sul palco ma su ognuno nella folla o sulla folla stessa, non era semplicemente pagare per andare a vedere suonare qualcuno e poi tornare a casa. erano spazi dove c’era un dj che suonava ma il dj non era proprio al centro dell’attenzione, a parte i soliti esaltati che cercavano di andare a vedere che disco stava mettendo, ma generalmente l’attenzione era diversa. per quanto riguarda le produzioni, tutte le etichette che sono sorte in quel periodo, pensavo che la cosa fosse abbastanza eccitante a causa di tutti quegli pseudonimi e dell’anonimità che distruggevano i percorsi gerarchici e le strutture dell’intrattenimento. praxis non era necessariamente tutto questo nella totalità ma almeno aveva il suo punto di vista sulla situazione. mi ha sempre interessato prendere gli elementi di una data situazione, distorcerli e ributtarli nell’immaginario collettivo. nel frattempo si poteva dire che i dj erano diventate star… ecco perché cinque anni fa avrei detto che praxis era un’etichetta techno mentre non lo direi mai adesso perché penso che l’intero sistema della techno sia diventato un po’ gerarchico. noi non ne abbiamo mai fatto parte, ce ne siamo andati. le idee dell’inizio sono ancora valide adesso. praxis ha affrontato techno pesante, anche gabber, suoni rumorosi, sperimentali e recentemente ha avuto anche influenze breakbeat.
– CHE DIFFERENZE CI SONO TRA PRAXIS E LA SUA SOTTO-ETICHETTA SUB/VERSION?
sub/version è l’etichetta che ho creato con dj pure di vienna. per me la differenza sta nel fatto che sub/version è un’etichetta che ha un genere, è un’etichetta tecnica. le sue tre uscite sono state ispirate dall’idea di prendere qualcosa e distorcerlo, ma sempre restando all’interno dei limiti e del linguaggio di un particolare genere. con praxis farei forse un disco senza ritmo, se me la sentissi, senza esitazioni. con sub/version non lo farei: dovrebbe esserci un certo codice.
– SPIEGACI IL TUO LOGO “LA VISIBILITÀ È UNA TRAPPOLA”.
e’ una citazione tratta da “sorvegliare e punire” di foucault. si riferisce alla sorveglianza, ad esempio all’essere controllato attraverso l’essere visibile alle autorità. questo è il significato della citazione originale, ma anche quello che penso io è importante: ciò che faccio è svolto all’interno di un collettivo con un certo grado di anonimità, è una situazione invisibile.
– PUOI SPIEGARCI CHE COSA SIGNIFICA PER TE “HARDCORE”?
“hardcore” è un altro termine difficile da interpretare perché molta gente può interpretarlo in diversi modi. io la vedo soprattutto come un’attitudine e non semplicemente come descrizione di uno stile musicale. anche se la uso descrivendo un genere musicale intendo comunque riferirmi alla particolare attitudine che ne emerge e non al particolare stile. la definizione probabilmente continua a cambiare attraverso gli anni.
– NELLA PRAXIS NEWSLETTER 12 DISCUTEVI SULLE POTENZIALITÀ DI APPOGGIARE OPPURE OPPORSI ALLA TECNOLOGIA MUSICALE E SUL MODO IN CUI LE STRADE DI MUSICA E TECNOLOGIA SI INTERSECANO. COSA NE PENSI?
è difficile non dire questa solita banale risposta: la gente ha diritto ad utilizzare un computer. penso che sia veramente possibile, con il livello raggiunto attualmente dalle tecnologie della comunicazione, parlare su uno stesso livello con persone di tutto il mondo ed anche trovare nuove persone, comunicare con loro ed organizzare un sistema di distribuzione o un espediente comune per sfuggire al business. penso che sia un aspetto importante perché altrimenti non si riuscirebbe a diffondere veramente questa idea tra la gente: si avrebbe qualcosa di indiretto e molto lento nella diffusione, soprattutto quando si è parte di un sistema che cerca di sfruttare completamente tutta la tecnologia disponibile per il proprio vantaggio.
– TU PUBBLICHI ANCHE DATACIDE ‘ZINE, IL TUO È UN USO MASSICCIO DI DIVERSI MEZZI DI COMUNICAZIONE (ETICHETTA, FANZINE, ECC.) PER SEMINARE IDEE…
sì, è proprio così. vedo la musica come un linguaggio e vedo parole ed immagini come cose sovrapposte. ci sono sempre certi mezzi privilegiati per dire certe cose. la musica è un mezzo di comunicazione fisico ed astratto allo stesso tempo, mentre le parole sono molto più concrete. naturalmente puoi anche intellettualizzare la musica e mettere parole su rumori o altro. io voglio usare qualsiasi mezzo per comunicare ed associare idee. datacide è un progetto importante per me.
– ECCO PERCHÉ TROVO MOLTO INTERESSANTI DATACIDE, PRAXIS E LA NEWSLETTER, HANNO MOLTE SFACCETTATURE. DATACIDE È SEMPRE STATA COOPERATIVA ED INTERNAZIONALE. STAI LAVORANDO AD ALTRE INSTALLAZIONI MUSICALI OLTRE AL TEATRO DELL’OPERA DI VIENNA?
sì, sta prendendo forma con il nome “society of unknowns” perché ci stiamo lavorando io e jason skeet (con il quale ho lavorato al disco praxis 24 che si intitola appunto “society of unknowns”). stiamo lavorando su versanti diversi, il mio lavoro non è connesso con la musica ma con un discorso sull’informazione di guerra e sul terrorismo, stiamo facendo un’installazione di fronte al teatro dell’opera di vienna che provocherà un certo impatto. stiamo creando una grossa scatola con un sound system dentro, la quale sarà connessa direttamente ad uno studio di registrazione ed il tutto prenderà il nome di public netbase. è collocato nel centro di vienna, dove stanno anche computer ed attrezzature. io lo vedo come uno strumento di retroazione psicogeografica dove noi proviamo a campionare aspetti della realtà quotidiana del luogo per reintrodurle nello spazio pubblico. non è semplicemente musica, disturbo. è anche possibile mandare e-mail al netbase, le quali verranno tradotte in linguaggio midi creando e modulando dei suoni che la gente potrà ascoltare in tempo reale nel sito web. stiamo cercando di coinvolgere gente e stiamo attrezzando un altro laboratorio che permetterà alla gente di girare in città con dei registratori, sperando che tornino con registrazioni interessanti. vedremo quanto successo potrà avere.
– QUANTI E QUALI SONO I NOMI CHE HAI USATO PER I TUOI PROGETTI?
uso sempre nomi diversi. base force one sono io, society of unknowns siamo io e jason, metatron ero io. poi ci sono degli altri nomi ed un concetto chiamato jackal o dj jackal. e’ un nome multiplo che può essere usato da chiunque si trova in sintonia con le nostre idee per fare produzioni, suonare oppure fare qualsiasi altra cosa all’interno di questo contesto. questa cosa non vuole assolutamente essere una novità, l’idea del nome multiplo è stata sfruttata in molte forme fin dagli anni ottanta. c’erano nomi multipli come karen elliot e c’erano centinaia di persone che facevano lavori con questo nome. luther blissett è probabilmente il più usato ed il più potente nome multiplo attuale, creato da un gruppo di persone ispirate al situazionismo radicale in italia. perciò dj jackal è il nome multiplo per le persone ispirate al situazionismo radicale nella scena techno hardcore [risate]. questo è un invito per tutti ad usare o essere ‘the jackal’. c’è una certa responsabilità nell’utilizzo del nome.
– TUTTE QUESTE COSE SEMBRANO ESSERE MOLTO EUROCENTRICHE, COSA STA SUCCEDENDO NEGLI USA?
direi che il movimento principale è tra londra e la francia, dove la scena è già abbastanza grande anche se più giovane. poi ci sono persone in austria ed in germania e ci sono anche piccoli gruppi di persone isolate che agiscono probabilmente ovunque, anche negli usa. non ci sono ancora molte produzioni targate usa ma c’è un po’ di gente che si sta muovendo. penso che in futuro ce ne saranno sempre di più. il problema è principalmente geografico perché il bello di questa musica è ascoltarla nel modo giusto, di fronte ad un enorme sound system, cosa che non avviene in tutto il mondo. penso che la maggior parte della gente all’interno della scena, incluso me stesso, sia ispirata dall’idea di andare in grandi spazi o all’aperto per esporsi alle frequenze musicali; è un’esperienza fisica, non succede la stessa cosa se ascolti il disco a casa. ci sono un sacco di basse frequenze che ti investono.
intervista di siobhan m. – traduzione di skeeme